08 aprile 2008
La vertigine del Nat Pwe
Birmania, Taungbyon, Nat Pwe, agosto 2007
In ogni viaggio c'è sempre un momento che lo rende diverso da qualunque altro. Un'esperienza, una situazione, un evento, una serie di circostanze. Quest'anno il monsone era incessante. Del resto, prima della nostra partenza nel vicino Bangladesh c'erano state delle inondazioni e benchè il regime tacesse, s'era comunque saputo che anche la Birmania era stata colpita. Finito il giro più classico, ci restavano alcuni giorni che avrebbero dovuto essere dedicati ai trekking fra le tribù o alla visita di Mrauk-U, ma la pioggia non faceva prevedere nulla di buono in nessuna delle due ipotesi. Fu così che tornammo indietro sui nostri passi, dove non avevamo trovato molta pioggia, a Mandalay. Lì, diceva la guida, in agosto c'è una grande festa. Domandammo ai guidatori di tuc tuc: era vero, c'era una grande festa.
La strada girava verso la campagna dopo la Mandalay Hill. Improvvisamente il traffico diventò caotico, ma uniforme. File di camion e pulman stracarichi di gente anche sul tetto percorrevano la lunga dirittura fino a Taungbyon. Nella direzione inversa, gli stessi mezzi conducevano verso Mandalay gente con strani cappellini rossi, ceste piene, fiori e i longyi colorati.
Birmania, Taungbyon, Nat Pwe, agosto 2007
Si tiene ogni anno a Taungbyon il più grande Nat Pwe di tutto il Myanmar. Dura dieci giorni: i dieci giorni prima della luna piena del mese di agosto.
Il Pwe è una festa sacra, in onore, appunto, dei Nat: gli spiriti. Residuo di un antico culto animista, precedente addirittura al buddhismo, i Nat sono gli spiriti degli alberi, delle colline, dei fiumi, ma anche di case e palazzi e possono esercitare grande influenza sui quei luoghi. Il termine stesso, che deriva dal sanscrito significa "signore" o "guardiano". Alcuni Nat derivano da figure storiche, realmente esistite, come certi antichi re, persone morte di una morte violenta. Il culto di questi spiriti sopravvive da secoli sovrapponendosi al buddhismo. I riti del culto dei Nat assicurarano la buona riuscita di un compito o la buona fortuna di una nuova costruzione, legati ad un certo luogo.
Il Nat pwe è la festa degli spiriti. I Nat amano la musica fragorosa, l'incessante martellare delle percussioni.
Birmania, Taungbyon, Nat Pwe, musicisti, agosto 2007
Il fragore della festa serve ad attirare gli spiriti in un luogo e qui il Nat si impossessa delle persone. Normalmente è il medium che viene preso dallo spirito e cade in trance, ma nell'incessante fracasso della musica può capitare che siano altre persone a cadere in trance. Il medium è considerato la "sposa" del Nat e di solito si tratta di un transessuale: un modo fenomenale per legittimare la presenza degli omosessuali in una società (e in un regime) che altrimenti non li tollererebbe.
Birmania, Taungbyon, Nat Pwe, agosto 20087
Ed infatti, quando arriviamo a Taungbyon una folla dei più incredibili personaggi ci avvolge. Taungbyon è composta da poche capanne di legni e paglia, ma migliaia di persone vi si riversano con ogni mezzo e ogni viottolo diventa un fiume di teste dove passare è difficilissimo. Persino le rotaie delle ferrovie sono piene di gente che cammina e i convogli si fermano lì, con la gente che spunta dagli sportelli e dai finestrini, mentre altra cammina sui tetti dei vagoni.
Birmania, Taungbyon, Nat Pwe, agosto 2007
Il nostro autista del taxi blu ci dice di fare attenzione a ladri e borseggiatori, ma non ci accadrà assolutamente nulla. Bancarelle di dolciumi si alternano a venditori di medagliette di plastica dorata, cerchietti per i capelli con assurdi fiorellini di plastica, cappellini di cartapesta rossa a forma di cono. Bisogna fare attenzione a dove mettiamo i piedi.
La folla ci trascina alla pagoda. Nel cortile centinaia di persone sono sedute in terra, mangiano, dormono, parlano, mentre un fiume di teste e braccia porta fiori e frutta all'interno.
Birmania, Taungbyon, Nat Pwe, agosto 2007
Urla, preghiere, richiami: l'ingresso alla cella dove un Buddha dorato guarda sorridente è impossibile. Mi limito a guardare dall'esterno le mani alzate delle persone che, ricolme di doni, cercano di arrivare fino su per deporli.
(continua.... domani!)
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