21 dicembre 2006

Buon Natale


Camogli, Natale 2006

Sul mio albero di Natale ci siamo un pò tutti noi. C'è tutta la mia famiglia, ognuno rappresentato in qualche modo, c'è il mare con i pesciolini di vetro, c'è la gabbietta di paglia che conteneva un passerotto, liberato sulla collina del Wat Pu Si a Luang Prabang, ci sono i campanelli delle cavigliere indiane, i primi scarabocchi delle mie bambine e i loro ultimi bei disegni. C'è un pò di Firenze e un pò di Camogli. Guardarlo crescere ogni anno con qualcosa di nuovo è come farmi una lunga bellissima passeggiata nei ricordi.
Auguri.

20 dicembre 2006

Punta Chiappa


Camogli, Punta Chiappa, Dicembre 2006

Le nuvole s'impigliano sul monte, poi fuggono verso il mare aperto.

08 dicembre 2006

Luci di Natale


Camogli, dicembre 2006

In una pausa fra uno scroscio di pioggia e l'altro, si sono accese le luci che illuminano le feste, qui a Camogli, facendo brillare i profili delle case affacciate sul mare.

30 novembre 2006

Sadhu


India, Madurai, Sadhu, agosto 2006

I Sadhu sono incredibili personaggi. Sono di solito anziani, che, invece di cercare la pensione e raccogliere i frutti della propria vita, fanno una scelta completamente opposta. Essi rinunciano a tutto, i propri averi, la propria famiglia, la propria casa. Se ne vanno con solo un drappo di stoffa attorno al corpo, alcuni neppure quello, e camminano. Di tempio in tempio, come pellegrini, dormono all'ombra degli dei sotto le alte Gopuram, o per strada. Mangiano quello che riescono ad avere grazie all'elemosina. Si spostano solo a piedi. Hanno capelli lunghi e incolti, barba infinita e visi intensi e rugosi. Chi riesce a parlare con loro raccoglie perle di saggezza.

23 novembre 2006

Dettagli


India, Hampy, zingara delle montagne, agosto 2006

Ho estratto questo particolare da una foto più grande. E' un dettaglio che mi affascina, così come mi affascina il modo in cui, ornandosi di gioielli, veli, sete, colori, fiori e campanelli, in un modo che per noi sarebbe di sicuro eccessivo, le donne indiane non trascurano nulla, neppure una piccoa parte di sè. Quando passano senti i campanelli d'argento delle cavigliere, il tintinnio dei braccialetti di vetro, il profumo dei gelsomini fra i capelli, e gli occhi si riempiono dei colori delle loro sari.

20 novembre 2006

Tramonto d'autunno


Camogli, La mia solita finestra, novembre 2006

Il caso... Come quando scatti una foto ad un tramonto pieno di nuvole e nel momento in cui l'otturatore si riapre, scopri che un gabbiano aveva deciso, proprio in quel preciso istante, di volare giù dal tetto.

16 novembre 2006

Old Goa


India, Old Goa, Chiesa di San Francesco, agosto 2006

Adoro questa foto della Chiesa di San Francesco d'Assisi, ad Old Goa, per la luce che entra dalle porte. Il bianco dell'ingresso e della parete superiore della chiesa, mi riportano istintivamente al gusto dell'epoca coloniale in cui fu costruita, nel 1521.
Goa era una colonia portoghese. Per la posizione sul mare, di fronte al Golfo Persico e allo stretto di Malacca, Goa era un porto strategico per i commerci. Fu così oggetto, nel lontano passato, di guerre di conquista fra le varie stirpi reali indiane. Nel 1510 Alfonso de Albuquerque conquistò la città e ne fece la capitale dell'impero portoghese in India. Per lunghi secoli Goa fu chiamata "la città dorata" per le chiese, i conventi, i palazzi bellissimi che vi sorsero. I commerci furono floridi ed a Goa ebbe il suo fulcro il cattolicesimo con l'arrivo dei missionari. Tuttavia anche l'antica ricchezza cominciò ad appannarsi con il tramonto dell'impero coloniale fino a che la capitale fu trasferita a Panjim nel 1843. Goa rimase portoghese fino al 1961, quando fu liberata da Nehru.
Oggi restano dell'antica città alcune chiese, ricche di decori barocchi e dorature che ne fanno un posto a sè, diverso da qualsiasi altro in India.

06 novembre 2006

Il castello dei sogni


India, Tamil Nadu, Tanjore, Durbar Hall, agosto 2006

Il palazzo reale di Thanjavur (o Tanjore) racchiude questa perla. E' la sala delle udienze che si apre, con le sue alte colonne, su un cortile del Palazzo, interamente circondato da porticati. La sala è un trionfo di colori, sia nei meravigliosi e intricati disegni delle volte che nell'arcobaleno delle colonne. Invasa dalla luce del tramonto, poco prima della chiusura, il gioco di luci e ombre era veramente affascinante.

20 ottobre 2006

Chidambaran, il tempio di Shiva Nataraja


India, Tamil Nadu, Chidambaran, agosto 2006

Nataraja è lo Shiva danzante, quella figura che viene rappresentata dentro ad un cerchio di fuoco, mentre danza con la gamba destra sollevata e la sinistra che schiaccia il demone dell'ignoranza.
Allo Shiva danzante è dedicato il tempio di Chidambaran, nel Tamil Nadu. Di primo acchito il tempio non mi sembrò all'altezza degli altri che avevo visitato fino a quel momento. Pali, transenne e cancelli chiusi impedivano di godere della vista dei monumenti. Le vacche camminavano all'interno delle mura del tempio.
Poi entrammo. Davanti a noi si aprì un porticato di colonne intarsiate, fra le quali danzava la luce serale, che penetrava da un cortile interno. Sulla destra un porticato nel porticato, con colonne intarsiate ad imitazione degli alti Gopuram esterni (le torri che stanno all'ingresso dei templi). L'aria era piena del fumo che saliva dai piccoli vasi pieni di ghee, usato per accendere piccoli stoppini di cotone. Il fumo ritagliava i raggi di luce che qua e là penetravano il buio. Entrammo nel cortile. Non so se potevamo, di solito è proibito ai non Hindu, ma non c'erano cartelli di divieto, e nessuno ci disse nulla. Ci sedemmo con gli altri sul pavimento e guardammo cosa succedeva. Davanti a noi le porte d'oro del sacrario erano aperte. I sacerdoti stavano preparando la cerimonia. All'interno del sacrario, rialzato rispetto a dove ci trovavamo, una grata d'oro, finemente incisa, divideva i sacerdoti dal luogo dove era conservata la staua del dio, il cuore del tempio. La statua di Shiva era seminascosta alla vista, coperta di sete e collane di gelsomini profumati. I fedeli pregavano e facevano offerte. Improvvisamente iniziarono a suonare le campane. Dopo un istante si aggiunsero dei campanelli e il canto dei fedeli, che era una preghiera, un mantra. Era l'inizio della puja. Il sacerdote, in piedi davanti a Shiva, accese il fuoco con una torcia e la agitò davanti alla statua. Poi un lume in cui erano state accese tante luci, bruciando il ghee. Il sacerdote pregò con il suo canto facendo fare al fuoco degli ampi giri nell'aria. I fedeli incalzavano, ritmati dal suono frenetico delle campane e dei campanelli.
Il mistero e la magia avvolgevano quei gesti antichi, nel segreto, nel buio della cella di quel dio che non si mostrava, che ascoltava silenzioso e che chiudeva nel suo cerchio di fuoco l'energia della creazione e la forza della distruzione.
Le foto erano proibite. Il mistero non può essere mostrato.


India, tamil nadu, Chidambaran, agosto 2006

12 ottobre 2006

Dalla finestra


Camogli, luglio2006

Dalla mia finestra ho scattato mille foto. E' incredibile quanto possano essere diverse per sfumature, colori, ma anche per quello che accade davanti a me. Le mareggiate che investono il faro, i chiari che si accendono di notte, i fuochi d'artificio, i gabbiani che volano davanti e... questi due arcobaleni.

06 ottobre 2006

Coracles


India, Fort Cochin, coracles, agosto 2006

Questa particolarissima imbarcazione è tipica dell'India del Sud, sebbene non la si possa trovare ovunque. Ad Hampi viene usata per traghettare da una sponda all'altra del fiume le persone. Ma non in agosto, mese in cui ci trovavamo lì. Le acque del fiume, infatti, erano gonfie per le piogge monsoniche e la corrente troppo forte. Il passaggio era troppo pericoloso.
Tuttavia, durante un giro in barca intorno alle isole che compongono Fort Cochin abbiamo avuto la fortuno di trovare alcuni coracles, utilizzati per la pesca. Si tratta di una imbarcazione del tutto atipica, con la sua forma rotonda. Un tempo erano rivestite di pelli di animale: non so se lo siano ancora. Le dimensioni variano da quelli per una sola persona a quelli molto più grandi, dove addirittura vengono trasportati animali o altre persone.

26 settembre 2006

Guardami


India, Tamil Nadu, Madurai, Sadhu sulla strada dello Sri Menakshi temple, agosto 2006

"...Mi vedi? Mi vedi davvero? Sono qui, seduto su un marciapiede, in mezzo ad una strada che non conosce tregua. La strada a fianco del tempio, dove la gente si muove, cammina, corre, prega, ride, grida, chiama, canta, tace. Non ho nulla di mio, tranne questo vestito che indosso. Ma io so chi sono, cosa sono in questo immenso mondo. E tu, lo sai? Sai chi sei? Io vedo dentro di te, al di là dei tuoi vestiti puliti, della tua pelle bianca, della tua borsa con dentro i soldi, che ti daranno la sicurezza di un pasto caldo e di un letto per stanotte. E' a questo che ti aggrappi: alle tue sicurezze? Le tue sicurezze, sono la tua debolezza più grande. Io vedo la tua debolezza, la tua paura. Guardami. Mi vedi? Io ho rinunciato a tutto, ad ogni sicurezza materiale. Ma so che sono una cosa sola con l'intero mondo. Io non ho più paura".

19 settembre 2006

Ganesh Chaturti


India, Mamallapuram, Ganesh Chaturti, settembre 2006

Le divinità Hindu sono tantissime, probabilmente qualche migliaio, ma a complicare le cose c'è che molte divinità hanno numerosi aspetti, ognuno dei quali ha un nome diverso.
Ganesh è il dio dalla testa di elefante, un dio cui sono attribuiti aspetti sempre benevoli, guardiano delle case e degli ingressi, protettore delle nuove imprese. A lui ci si rivolge per i problemi quotidiani, se c'è bisogno di un pò di fortuna, se c'è da traslocare in una nuova casa, se si intraprende un viaggio o una nuova impresa, se un bimbo compie il suo primo passo. Il suo culto è diffusissimo e la preghiera a lui rivolta è accompagnata da gesti davvero strani: in piedi i fedeli incrociano le braccia davanti al volto, fino a toccare i lobi delle orecchie con le mani. Li battono tre volte e si inchinanno tre volte piegando le ginocchia. Le cerimonie a lui dedicate terminano sempre con il lancio di un cocco: se il cocco non si rompe sono guai.


India, Mamallapuram, Ganesh Chaturti, settembre 2006

Ganesh era figlio di Parvathi, moglie di Shiva. Aveva un normale aspetto umano, ma un giorno Parvathi lo mise a guardia davanti alla porta della vasca dove stava facendo il bagno, perchè non facesse entrare nessuno. Eseguì così bene il suo compito che non fece entrare neppure Shiva, il quale lo uccise, tagliandogli la testa. Parvathi era disperata per la perdita del figlio e così Shiva volle restituirgli la vita, ma non poteva farlo tornare come era prima. Così inviò i suoi servitori a prendere la testa del primo animale che avessero trovato e questi gli portarono la testa di un elefante.
Il compleanno di Ganesh, il Ganesh chaturti, si festeggia ogni anno alla fine di agosto per dieci giorni. Quest'anno la festa iniziava il 27 agosto.


India, Mamallapuram, Ganesh Chaturti, settembre 2006

I primi di settembre eravamo ben lontani dal luogo dove sapevamo esserci i più grandi festeggiamenti in onore di Ganesh, cioè Bombay. Eravamo invece a Mamallapuram, un piccolo centro sul mare, nel Tamil Nadu, vicino a Chennai. Eravamo a pranzo in un piccolo ristorante sulla spiaggia, il Sea Shore. Di lì vedevamo il mare, i pescatori con le loro barche e sullo sfondo le due torri dell'antico Shore Temple.
Avevamo da poco ordinato, quando un trattore con un grosso rimorchio fece l'ingresso in spiaggia. Dentro una grossa statua di Ganesh, dipinta a colori sgargianti, ornamenti di foglie di banano e tanti ragazzi festanti.
Di un solo colpo ci alzammo da tavolino, lasciando come niente fosse lì gli zaini e tutto il loro contenuto e corremmo dietro al camion.



India, Mamallapuram, Ganesh Chaturti,settembre 2006

Avevo letto sulla Lonley Planet che durante la festa, le statue di Ganesh venivano portate al mare e lavate. Qui invece era tutto diverso. I ragazzi fra urla e risa benedirono la grande statua colorata, recitarono preghiere e ruppero il cocco in mille pezzi. Buon segno. Stringendosi intorno al camion, presero la statua sulle loro spalle e con essa si immersero in mare. Tutti insieme, ad un certo punto la rovesciarono fra le onde e gli spruzzi e lasciarono che l'acqua smembrasse la cartapesta, affondando ogni resto del grande e buon Ganesh.


India, Mamallapuram, Ganesh Chaturti, settembre 2006

12 settembre 2006

Gente comune


India, Kadirampuram, Ragazze davanti al tempio, agosto 2006

Riguardando le mie foto, mi colpiscono enormemente gli sguardi delle persone. Molte amavano farsi fotografare e spesso, come appariva la macchina fotografica, diventava difficile fotografare quello che volevo io, perchè tutti si mettevano in posa e volevano la foto. Ma al di là di certe pose scherzose, di certi sorrisi, molti volti colpiscono per i loro sguardi fieri, per i loro occhi penetranti, oppure di una limpidezza e di una serenità tali da restare senza fiato. Soprattutto le donne. Non ridevano mai di fronte ad un obiettivo, come se il riso potesse deturpare la loro bellezza, o forse rendere meno interessante lo sguardo. Ne risultano visi imbronciati, seri, così diversi da quelli ridenti e gioiosi con cui ci accoglievano. Ma anche il solo fotografarli era un momento di gioia. Vedevi l'orgoglio dell'essere stati scelti a soggetto di una foto, vedevi la soddisfazione se la foto era riuscita. Alle volte mi sembrava che bastasse davvero così poco per creare un attimo diverso nella loro giornata o una gioia imprevista.


India, Tanjore, donna al mercato, agosto 2006

08 settembre 2006

Crowford Market


Bombay (Mumbay), Crowford Market, agosto 2006

Sono stata poche ore a Bombay. Pioveva. Pioveva. Pioveva.... Il monsone non perdonava e non c'era verso di poter visitare la città con la calma che richiede. Così come mi è apparsa, Bombay era grigia. Grigi i muri dei palazzi, grigie le strade, grigi i taxi che le affollavano. Il ricordo più vivo che ho è forse quello di Crowford Market. Non possono certo mancare i colori in un mercato e questo aveva il suo bel fascino.
Progettato da Lockwood Kipling, il padre dello scrittore, era abbellito da fregi e da una fontana colorata, della quale si erano impadroniti i mercanti, che vi esponevano frutta o vi si sdraiavano sopra.


Bombay, Crowford Market, agosto 2006

All'ingresso un signore interamente vestito di bianco, ci spiega che lui è addetto ad accompagnare i visitatori all'interno, per illustrare i luoghi, ma anche per la loro sicurezza. Ci veniva un pò da ridere: l'impressione era quella di un lavoro inventato per racimolare qualche rupia. Aveva pure una bella targa in ottone, con inciso il numero della sua autorizzazione e in ogni caso non aveva alcuna intenzione di mollarci. Ma... come si fa a seguire una guida? Io proprio non ci riesco: devo girare, devo vedere, devo fermarmi se mi incuriosisce qualcosa. E così, mentre lui ci voleva portare a vedere la frutta, il naso ci porta verso il mercato della carne. "No, lì no, c'è molto puzzo!". No??? Allora deve essere interessante!


Bombay, Crowford Market, agosto 2006

Entriamo, ma ormai l'ora è tarda. Il mercato della carne è in chiusura. Ci sono poche persone e i commerci sono chiusi. Il posto comunque è impressionante. Un topo mi passa accanto ad un piede, i corvi volano sotto i tendoni blu messi a copertura e atterrano sui resti mollicci di qualcosa di indefinito. Un gatto, quasi intimidito, cerca di raggiungere un pezzo di carne.
Alcune persone dormono stese un pò dove capita, altre stanno macinando carne con macchinari che paiono di un altro secolo. Penso che debbano essere i senza casta, i reietti, quelli che ogni giorno toccano "la morte", che ne sentono il puzzo.


Bombay, Crowford Market, agosto 2006

Dopo le foto usciamo e la nostra guida si avvicina di nuovo. Si scusa: "Non è perchè non volevo portarvi, ma vedete, io sono Hindu". E questo mi fa stranamente effetto: penso alla religione Hindù come a quella che maggiormente ha confidenza con la morte, quella per cui vita e morte sono parte di una stessa cosa, per cui la morte stessa è solo l'inizio di un nuovo ciclo, di una nuova vita, eppure, i luoghi dove si dà la morte e le persone che la procurano, devono essere tenuti lontano, come se il semplice contatto o la semplice vista con ciò che è impuro potesse contaminare.

06 settembre 2006

Tornare


India, Stato del Goa, Panjim, agosto 2006


Le vacanze prima o poi finiscono e pure la mia doveva finire. Era tempo perchè eravamo stanchi: non ci siamo risparmiati le fatiche, i lunghi spostamenti con mezzi poco comodi, il caldo, le camminate... In effetti è strano tornare da una vacanza più stanchi di come si è partiti, ma è stato così.
Bene, sono a casa da due giorni, eppure ancora non capisco bene chi sono, dove sono e cosa sto facendo. So solo che riguardo le immagini (tante) che ho scattato e quelle che ho negli occhi soltanto (quelle che non ho potuto scattare) e io stessa mi meraviglio di quello che rivedo come se non lo avessi mai visto prima. Mi incantano di nuovo i colori e i luoghi, mi catturano i sorrisi, e già la malinconia avanza.
E' un viaggio che mi ha preso un pò per volta, iniziato con la pioggia di Bombay, in una mattina grigia. Non promettevano nulla di buono quel lungomare gonfio di pioggia, con la gente che correva a lavoro, quell'alba priva di colori, quel vento che agitava le palme. Da quella prima mattina, fino al sole del Tamil Nadu ho avuto quasi un mese per rendermi conto di essere in un posto speciale, diverso da qualsiasi altro posto al mondo. Sì, l'India è diversa, diversa da tutto. L'India è l'India. Non la puoi cercare altrove: è solo lì. Non la puoi leggere sui libri: la puoi solo provare sulla tua pelle.

02 agosto 2006

La valigia


Sri Lanka, Kandy, agosto 2004

E' iniziata l'ultima settimana prima della partenza, la settimana dei preparativi. Con la testa sono già là. La guida è sul comodino, la musica nelle orecchie sa già di Oriente, se mi concentro sento già l'odore del frangipane, l'incenso dei templi, la puzza delle strade. L'eccitazione della partenza mi dà già il formicolio allo stomaco.
Lo zaino è ancora in soffitta e penso a cosa devo metterci. Quest'anno vorrei fare una valigia al contrario. Voglio togliere tutto ciò che non è necessario. Ma non voglio dire che porterò qualche abito in meno, voglio proprio dire che vorrei saper partire portando solo quello di cui non riesco fare a meno. Sento veramente il desiderio di ridurre all'essenziale, perchè nulla mi possa distrarre da quello che troverò, dalla gente che avrò intorno, dai luoghi e dalle atmosfere. Purtroppo, so già che non sarò coerente, perchè non potrei mai eliminare la macchina fotografica: per certo quella non è indispensabile in assoluto, ma in effetti lo è per me.

11 luglio 2006

Tham Jang


Laos, Vang Vieng, verso la Tham Jang, agosto 2005

Tham significa grotta. Vang Vieng è una cittadina lungo il fiume Nam Song, circondata da vette pittoresche e da una natura rigogliosa. I turisti sono in maggioranza ragazzi, che sfruttano le rapide acque del fiume che discendno sui pneumatici dei camion. Altra attrattiva sono le grotte, di cui sono disseminate le frastagliate montagne lungo il fiume. La più famosa e la più semplice da visitare è la Tham Jang. Per arrivarvi la passeggiata è molto piacevole, ma la particolarità è che per accedervi occorre entrare nel Vang Vieng Resort. Attraverso sentieri curati, dove passeggiano mucche e anatre, si arriva infondo alla valle, dove la parete di roccia si alza improvvisa. Una scalinata ripida porta fino all'ingresso della grotta. Ma prima di salire è impossibile non fermarsi a gustare la pace che regna lì in basso, dove scorre un ruscello dalle acque turchesi, circondato da alberi verdissimi, che gettano un'ombra davvero piacevole dopo la passeggiata al sole, che abbiamo fatto per arrivare fin lì. Intorno al ruscello i prati sono curati e un ponticello consente di attraversarlo facilmente. Una breve sosta e poi comincia la salita.

07 luglio 2006

Verrà la notte ed avrà i tuoi occhi


Camogli, giugno 2006

Quando continuerà
il tempo dove tu manchi,
senza nostalgia
di strofinare i tuoi fianchi;
quando ti fermerò
tra i due miracoli
di averti amata e perduta,
e li ti schiaccierò
e li sarai finita...

Quando di questo amore
saranno sparse le foglie,
e morirà l'orgoglio
nel mio inventario di stelle;
quando ti avrò battuta,
cacciata sulla luna,
dimenticata per sempre
e avrò cantato il giorno
che tu non sei più niente...

Verrà la notte e avrà i tuoi occhi,
verrà la notte con i tuoi occhi.

Io viaggerò l'inverno
io giocherò con il mio cane;
mi vestirò di nuovo
sentirò sete e avrò fame,
quando aprirò la stanza
dov'ero chiuso a chiave
fra le tue immagini spente
e sarò "io": quel giorno
che non sarai più niente...

Verrà la notte e avrà i tuoi occhi,
verrà la notte con i tuoi occhi

E' una canzone di Roberto Vecchioni. Non credo di averla mai sentita e non so neppure se la musica potrebbe aggiungere qualcosa ad un testo così.

06 luglio 2006

Dove vai quest'anno?


Sri Lanka, Colombo, aeroporto, agosto 2004

E’ più o meno il periodo in cui tutti chiedono agli altri dove andranno in vacanza. Io attendo il momento in cui la domanda mi viene posta dai miei genitori. Lo attendo, lo confesso, con un certo divertimento, prevedendo già che li getterò nella confusione. Lo scorso anno alla risposta “Cambogia e Laos”, mi suggerirono di cambiare itinerario per la Svezia. Mi venne da ridere. Perché proprio la Svezia? Cosa diamine c’è in Svezia da fare o da vedere? Sicuramente tante cose, ma del tutto differenti da quelle che si possono fare o vedere in Cambogia.
Quest’anno la scena si è ripetuta e la risposta è stata la stessa, ma il Paese era diverso: gli Stati Uniti, forse l’ultimo dei luoghi al mondo che mi interessa di vedere. Ho risposto d’istinto: negli Stati Uniti ci sono le stesse cose che ci sono qui, solo più grandi. Perché ci dovrei andare?
Ho riflettuto dopo sulla risposta che avevo dato e ho trovato che benché istintiva e immediata, aveva colpito un punto fondamentale per me. Qualunque paese occidentale, benché diverso dal mio, benché la gente non sia la stessa, i posti non siano uguali, nonostante tutto ripete degli schemi sociali a noi familiari. Il modo di pensare, il modo di vivere poco si discostano fra un Paese e l’altro. Questo rende tranquilli, cancella la paura del diverso, dell’ignoto. Si può viaggiare senza timore ritrovando nel paese di destinazione gli schemi familiari, facilmente riconoscibili, ai quali attenersi.
Lo stesso vale per chi viaggia “all inclusive”: è come vedere i posti attraverso il periscopio, restando al sicuro, dentro i pulman, i grand hotel, le guide che parlano la tua lingua.
Ben diversa è l’emozione di trovarsi in un posto dove tutto è diverso, i cartelli non si leggono, gli odori non sono familiari, i volti sono diversi da quelli che siamo abituati a vedere, dove il giorno di festa non è la domenica, e forse neppure il sabato, o forse non c’è proprio.
La prima volta che scesi dall’aereo in Asia, è stato a Colombo, in Sri Lanka. Mi sentii subito come se fossi una spugna, con i sensi dilatati che assorbivano tutto ciò che mi circondava. L’assalto degli autisti che si offrivano di portarci in un albergo, la gente che aspettava in una grande sala i parenti in arrivo, i mendicanti, i volti, i vestiti… Come ero felice che qualcuno mi avesse offerto l’occasione di far saltare gli schemi, di essere lì, di non aver avuto paura del “diverso”. Tornando a casa quel “diverso” me lo sono portata dentro, continuando il viaggio con la mente, ripensandolo e riordinandolo. Forse ho adesso la presunzione di aver salito un gradino che non tutti hanno il coraggio di salire e di possedere una ricchezza che non è alla portata di tutti: la consapevolezza che esiste altro al di là del mondo occidentale e che solo il rispetto del “diverso”e il desiderio di conoscere possono aprire gli occhi e, soprattutto, la mente.


Sri Lanka, Colombo, aeroporto, agosto 2004

03 luglio 2006

In barca sullo Stung Sangker


Cambogia, Stung Sangker, agosto 2005

Il viaggio in barca da Battambang a Siem Reap è di quelli che valgono un intero viaggio. Avevamo scelto di percorrere la distanza fra le due città su una barca lenta. La Lonely Planet specificava che il tempo dello spostamento sarebbe stato lungo, almeno 8 ore, ma l'imbarcazione lenta era meno invadente per le popolazioni che abitano lungo il fiume. Nel tempo impiegato durante lo spostamento fu facile capire il perchè. Dopo una prima parte del viaggio lungo le coste popolate e ancora vicini alle case, il fiume si stringeva. Le costruzioni sparivano e lasciavano il posto a semplici capanne. La vita lungo il fiume era sempre intensa: ad ogni curva il panorama cambiava e se un momento il fiume era largo e ai lati si ergevano le palme, subito dopo si stringeva e si divideva in mille canali stretti, nei quali la barca si incagliava costringendoci a fermarci fino a che qualcuno non riusciva a districare l'elica.
La barca era utilizzata sia da turisti, pochi in verità, che da gente del posto. Probabilmente era il mezzo con cui periodicamente chi abitava lungo il fiume si spostava verso le "città". Quando poi il familiare era di ritorno, erano addirittura i bambini che venivano incontro alla barca con lunghe imbarcazioni, che portavano con grande abilità, per riprenderlo. Le case erano barche, coperte da archi di foglie di palma intrecciate, con le pentole attaccate fuori. Tutta la vita era nel fiume: i pesci per mangiare, il riso, coltivato nell'acqua dietro la capanna, l'acqua per bere, per cucinare, per lavarsi, per giocare. E poi, all'improvviso, il villaggio della foto. Tante palafitte altissime, con le barche attaccate sotto. Un villaggio surreale, incredibile nella sua miseria, indimenticabile.

16 giugno 2006

La nave dei pirati


Egitto, Ras Mohammed, maggio 2006

Le barche che portano i turisti in giro per il parco marino di Ras Mohammed sono tutte uguali: grandi barche bianche in grado di portare una trentina o più di turisti. Quella della foto, quindi, si notava fra tutte: in legno dipinto di blu, con le vele bianche, su due alberi altissimi. Bellissima in confronto ai soliti scafi a motore così privi di poesia. I colori erano particolarmente belli nel quadro che gli facevano intorno il rosso della sabbia del desserto e tutti i toni dell'azzurro del mare.

06 giugno 2006

Bambini


Cambogia, Kompong Cham, agosto 2005

Non sono una fun del bianco e nero. Mi piacciono i colori e le foto che li esaltano. Tuttavia nei ritratti il colore spesso è di troppo e alle volte distrae da ciò che è più importante: le forme, gli sguardi, la grana della pelle, i fili sottili dei capelli.
La prima foto è scattata a Kompong Cham, davanti ad una baracca. La mamma di questo bimbo era felice di farlo fotografare e fiera di mostrarlo. Aveva ragione, perchè lo trovo bellissimo.
La seconda bimba l'ho fotografata in Laos, a Don Khong. Lo sguardo arrabiato la rende ancora più bella.


Laos, Don Khong, agosto 2005

23 maggio 2006

Il laboratorio del mago


Egitto, Naama Bay, maggio 2006

Naama Bay è una cittadina creata per i turisti. Luci, locali, ristoranti, narghilè sulla strada. Uomini e donne di ogni nazionalità sfilano per i centri commerciali. Tutto sembra finto e in effetti lo è: il paese è tutto lì, solo per i turisti.
In questo caos di luci e persone, proprio sulla strada principale c'è però un negozio particolare. Probabilmente non ha nulla di vero neanche quello, ma di fatto ha un fascino diverso. E' uno dei più vecchi negozi di Naama Bay e forse il fascino sta tutto lì. Non ci sono lucine colorate, solo qualche lampadina dietro il portone di legno lavorato. Sul soffitto ventilatori a pale fra corde colorate, come se fossimo in una tenda beduina.


Egitto, naama Bay, maggio 2006

E' un negozio di spezie e i profumi di mille infusi ti colpiscono appena entri. Ci sono su ogni parete scaffali pieni di cesti ed a terra mastelli di legno pieni di infusi, polveri colorate, bottiglie di oli. Al centro un tavolo circondato da sedili di pelle rossa e nera. Sul tavolo una piccola teiera e tanti bicchierini: ai clienti spesso è offerto il tè oppure l karkadè.


Egitto, Naama Bay, maggio 2006

Un ragazzo che parla benissimo italiano ci spiega il contenuto di ogni cesto, facendocelo annusare e spiegandoci a cosa serve: questo è l'indaco, per rendere più bianchi i vestiti, l'hennè, le rose per gli infusi, la menta per il tè, il Karkadè, quello buono, che viene dal suo paese, da Assuan, questo è tamarindo, quest'altro invece serve per i dolori di testa... Ogni cesto contiene segreti, ed il ragazzo pare un apprendista stregone nel laboratorio del mago.


Egitto, Naama Bay, Indaco, maggio 2006


Egitto, Naama Bay, Infuso di rose, maggio 2006

16 maggio 2006

L'isola dei gabbiani


Egitto, Parco marino di Ras Mohammed, maggio 2006

Descrivere questo posto è impossibile. Non esistono parole per descrivere la bellezza magica di questo azzurro. Lontano i profili dei monti, il massiccio del Sinai, che si buttano in mare. Poi acqua cristallina dalle mille sfumature di azzurro e in mezzo al mare questa striscia di sabbia dorata, lunga e stretta. Tutt'intorno ancora la barriera corallina che fa cambiare i colori dell'acqua. Sopra la sabbia, gabbiani e stelle di mare. In acqua i pescherecci e le imbarcazioni dei turisti. Gli occhi non sanno dove guardare, vorrebbero tenere tutto in uno sguardo solo: colori e luci, monti e acqua, cielo e mare, pesci e gabbiani.

28 aprile 2006

La foto impossibile


Camogli, Il faro, aprile 2006

Ci sono dei momenti in cui quello che vedo lo trovo così bello che devo a tutti i costi fotografarlo. Se riesco ad avere quell'immagine, lì, sulla mia macchina fotografica e poi sul mio computer, la posso guardare, riguardare, riviverla, gustarla senza la fretta di un attimo che scappa via. Sì, certo, c'è la memoria, ma la mia fa acqua come un colabrodo per certe cose.
Però mi capita molto spesso che quello che vorrei fotografare è una foto infattibile, come questa... Buio, due barche in movimento, tempi lunghi e niente appoggio... Questa è la meno peggio che ho ottenuto, ma a me importa poco: ci riproverò. Intanto mi godo questa, il blu intenso della notte appena iniziata, la luce calda del mio faro, le barche silenziose che scivolano sul mare piatto e la luce della lampara che si riflette sull'acqua.

27 aprile 2006

Dahab


Egitto, Dahab, maggio 2004

Due anni sono passati da questa foto e solo pochi giorni fa ho rivisto la stessa spiaggia. Solo che era su tutti i telegiornali, fra i nastri della polizia che circoscrivevano i luoghi dove si era fatto esplodere uno dei tre kamikaze. Ho rivisto il ponte di legno, sul quale ho fotografato una donna musulmana con il velo sulla testa, il ristorante a forma di barca, con le finestre tonde per simulare gli oblò e i delfini dipinti fuori, la passeggiata che ricordo piena di luce, di colori e di vento.
18 morti e moltissimi feriti, in un paese che ha commesso l'unico torto di essere moderato e di aver aperto al turismo occidentale. Quando finirà?

20 aprile 2006

Arancione


Cambogia, Phnom Phen, agosto 2005

L'intuizione alla base del buddhismo è che la vita è sofferenza. Lottare contro questa verità è del tutto inutile, anzi è produttivo di altra sofferenza. Quindi l'insegnamento è quello di non reagire al male, e di non commetterlo. Solo chi non reagisce al male e non ne commette a sua volta, può guadagnare il Nirvana. Ma il Nirvana non è un paradiso: il Nirvana è la non rinascita, lo sfuggire finalmente al circolo di vita, sofferenza e morte.
Il Nirvana si conquista attraverso la meditazione e l'amore verso il genere umano. La meditazione è praticata in primo luogo dai monaci, che devono seguire anche regole di vita severe. I monaci devono avere testa e viso rasati, portare sempre ampie tuniche di colore giallo-arancione, colore che simboleggia l'energia e la saggezza, vivere in assoluta povertà, possedendo solo una ciotola per mangiare, un paio di scarpe, un rasoio, un ago per ricucire il vestito e un filtro per l'acqua.
Il cibo dovrebbe essere limitato a pochi e poveri alimenti (riso, pane, brodo) e in nessun caso i monaci possono mangiare da mezzogiorno fino all'alba del giorno dopo. Seguendo questa tradizione, a Luang Prabang (in Laos) è ancora possibile vedere, all'alba, la fila dei monaci che ricevono dagli abitanti il riso nelle loro ciotole di legno, mentre i tamburi dei monasteri ritmano il risveglio della città.

10 aprile 2006

La tonnara torna in acqua


Camogli, Il molo, marzo 2004

Si è formato un capannello di uomini sul molo. Parlano, chiacchierano, gesticolano. E' arrivato il momento di mettere le reti in acqua. La giornata è adatta, il sole è coperto, ma non sembra che voglia piovere. Le reti sono ancora attaccate al muro che corre sul molo.
Nella mattinata alcuni pescatori preparano tutto, sciogliendo le reti e stendendole a terra.


Camogli, Pescatori preparano le reti della tonnara, aprile 2005

Nel pomeriggio ci sono tutti. Esce il sole e fa caldo. Il lavoro è più faticoso così. C'è chi districa le reti sul molo, chi, dalla barca, le tira a sè, con attenzione perchè non si annodino. Ben presto le reti diventano una montagna e gli uomini ci stano sopra, sempre tirando. Alla fine della serata, ci sono ancora reti da sistemare. Domani si ricomincia.


Camogli, Pescatori preparano le reti della tonnara, aprile 2005

04 aprile 2006

Kbal Spean


Cambogia, Angkor, Kbal Spean, agosto 2005

Kbal Spean è un fiume sacro, immerso in una giungla, ad alcuni chilometri da Angkor. E' chiamato anche il fiume dei Mille Linga. Vi si arriva dopo una bella passeggiata in mezzo alla foresta, lunga circa 1,5 Km in salita, ma estremamente piacevole.
Arrivati in cima, il fiume, che in realtà è piuttosto un torrente, scorre fra pietre scolpite da divinità Hindù. Nell'alveo, invece, sono scolpiti i Linga, la rappresentazione fallica di Shiva. Il luogo fu scoperto solo nel 1969, ma a causa della guerra civile non era possibile visitarlo, fino al 1998. Ancora oggi, lungo i sentieri che conducono fino alla cima, si incontrano cartelli che avvisano di non allontanarsi al di fuori delle vie battute, per il rischio di mine.


cambogia, Angkor, Kbal Spean, agosto 2005

30 marzo 2006

Il mare rosa


Camogli, Punta Chiappa, febbraio 2006

Il mare blu... azzurro... verde... Roba già vista. Ma che dire di un mare rosa? E' lo scherzo di un crepuscolo nuvoloso,di uno sprazzo di cielo azzurro, di un ultimo raggio di luce.

28 marzo 2006

Quando il giorno finisce


Maldive, Rihiveli, agosto 2004

Senza spiagge bianche e senza palme, ma pur sempre Maldive. Quando il sole cala verso l'orizzonte, c'è un momento di silenzio e di luce. Nelle capanne dei maldiviani dell'isola su cui stavamo, i preparativi per la cena andavanno avanti con calma. C'era chi puliva il pesce sotto la tettoia affacciata sul mare e chi ne pescava ancora altro. Come in un paradiso perduto, non aveva bisogno di canna o di attrezzature, ma solo di un filo, di un amo e di una briciola di pane. Altri passeggiavano, o semplicemente guardavano l'orizzonte, inconsapevolmente avvolti dalla luce magica. Anche noi stavamo là seduti, sul bordo del muretto, con i piedi quasi in acqua, a guradare l'orizzonte, nella quiete e nel silenzio senza tempo e senza fretta, come sempre dovrebbero finire le giornate.


Maldive, Rihiveli, agosto 2004

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