11 maggio 2009

Le donne Padaung


Birmania, Lago Inlè, Donna Padaung,agosto 2007

Durante il nostro viaggio in Birmania, abbiamo passato alcuni giorni sul lago Inlè, nello stato Shan. Lo stato Shan è abitato da genti di diverse tribù ed etnie, quali gli Intha, gli Shan, i Pa-Ho, i Padaung. Durante la visita del lago con la canoa, una delle visite imperdibili (nel senso che le guide fanno di tutto per portarti lì e non c'è verso, ci devi andare) è quella alle "donne giraffa", bruttissimo nome per indicare le donne Padaung che hanno ancora l'uso di allungare il collo con anelli di metallo. Con la mia solita mentalità occidentale, ero piuttosto sconvolta all'idea che si facesse questo ancora oggi a delle giovani donne, per non dire a delle bambine. E davvero mi dava fastidio che alcune di queste donne fossero, per così dire, "mese in mostra" in una specie di negozio di souvenirs, dove tutti i turisti venivano portati a vederle mentre tessevano le loro tele.


Birmania, Lago Inlè, Donna Padaung, agosto 2007

Da qualche giorno, però, ho iniziato a leggere un libro che sta cambiando (almeno parzialmente, perchè continuo a pensare che sia orrendo il fatto che vengano mostrate come animali in uno zoo) il mio modo di vedere le cose: "Il ragazzo che parlava col vento". L'autore, Pascal Khoo Thwe, è un uomo di etnia Padaung, un esule, che ha partecipato alla rivolta del 2007, riuscendo a salvarsi. Nelle prime pagine egli racconta la sua infanzia nel villaggio, nella grande casa dove le nonne erano le regine indiscusse, narratrici di storie, padrone della casa, personaggi meravigliosi con i colli lunghissimi. E lui spiega la loro incredibile tradizione:
"Gli anelli sono formati da una lunga spirale fatta da una lega di argento, ottone e oro. Solo le ragazze nate in giorni di buon auspicio della settimana e mentre la luna sta crescendo vengono scelte per indossarli. Queste ragazze iniziano a portarli fin dall'età di cinque ani, quando il collo vien inanellato solo per poco tempo al giorno. Man mano che crescono di età, si aggiungono altri anelli. Gli anelli vengono cambiati quando si sposano e vengono aggiunte spirali più lunghe - una sopra e una sotto quella principale. (...)
Le nostre antenate ci permettevano di toccare la loro "armatura" quando eravamo ammalati. Si potevano toccare gli anelli solo per attingere la loro forza magica - per curare una malattia, per benedire un viaggio. Erano come una teca sacra portatile di famiglia. Si tratava di una pratica pù antica del buddhismo, ma che fu assorbita dalla religione successiva. Le donne infilavano anche del danaro fra i loro anelli. Per noi bambini era come camminare fra gli alberi di Natale, colmi di tesori di famiglia e di poteri miracolosi. (...) Esse indossavano tuniche bianche e gonne nere con fodere rosse e avvolgevano le loro teste in fasce rosa. Tessevano lenzuola, vestiti, gonne, teli e cose simili su un telaio tradizionale.
Il collo di nonna Mu Kya era lungo più di trenta centimetri. Aveva impiegato un paio di giorni prima di essere in grado di sostenere la sua testa dopo aver deciso di togliere gli anelli per sempre. Le sono state fatte speciali camicie con colletti molto alti. Eravamo soliti prenderla in giro - e adularla - dicendo che Elvis Presley aveva chiaramente copiato il suo stile
".


Birmania, Lago Inlè, Bambina Padaung, agosto 2007

11 commenti:

Maria ha detto...

Se ti sembra da animali allo zoo, perché pubblichi le loro foto su internet? Mi sa un po' di esibizione di un trofeo turistico...
senza contare che in alcuni posti questa pratica viene ormai svolta non per tradizione, ma appositamente per attirare i turisti!
(e sul turismo in Birmania, seppure consapevole o solidale ci sarebbe molto da dire...)
Ad ogni modo, bel blog e belle foto!

Luisa ha detto...

Pubblico le foto, forse perchè sono delle donne molto belle e meritano di essere conosciute? Forse perchè gli animali sono quelli che le mettono lì e non loro? Forse perchè non hai capito il senso del post e la bellezza delle loro tradizioni?
Senza contare che quello che tu dici è abbastanza un luogo comune. Il turismo in Birmania, non quello da pulman turistici, ma quello di chi va in maniera consapevole, è esattametne ciò che ha permesso al mondo di conoscere la tragedia che si sta svolgendo lì. Chi si ricorderebbe più del Myanmar se non fosse perchè chi lo conosce anche solo un pò, non può non amarlo?
Hai mai parlato con la gente di lì? Se lo avessi fatto sapresti che ogni turista e ogni viaggiatore, è per loro una ventata di pace, di libertà e un'occasione di contatto con il mondo, un occasione per non sentirsi soli e fuori da tutto. Se potrò tornare, di sicuro lo rifarò, con immensa gioia.

Anonimo ha detto...

Anch'io cara Luisa appena potrò tornerò in Birmania...lo sai già vero? Un pezzo del mio cuore é rimasto la. Ed é proprio vero che per conoscere un paese veramente devi parlare con la gente che ci vive. E chi é stato in Myanmar ed ha parlato con la sua gente, e anche se per poco ha vissuto con loro, non può far altro che amarlo. Però non ho visitato nessun villaggio Padaung, nonostante abbiamo vagato in lungo e in largo sul lago Inle..... mi devo essere persa quella "canoa". Sarà per la prox volta. Certo che sono davvero belle.
Buona serata.
Consuelo

Luisa ha detto...

Consuelo, devi leggere quel libro. E' una cosa davvero particolare perchè credo che sia ben raro che un ragazzo, nato e cresciuto in un villaggio di capanne e a stretto contatto con la natura e le tradizioni magiche della tribù, sia poi riuscito a raggiungere una educazione e una consapevolezza tali da scrivere le proprie esperienze e i loro modi di vivere. Il tutto senza mai rinnegarli, ma con la naturalezza di chi sente sempre proprio quel mondo. La descrizione dei riti, delle cerimonie, della vita a tu per tu con gli spiriti e i fantasmi, i Nat, hanno dell'incredibile. E tutto questo non ieri, ma oggi, ancora.

Anonimo ha detto...

Mantenere salde e sane le proprie radici.... Lo leggerò di sicuro anche perché le poche parole che hai riportato mi hanno affascinata. E fra l'altro mi piace davvero tanto leggere un libro quando posso immaginare i luoghi di cui parla perché li ho ancora saldi fra i miei ricordi. Poi Ti dirò.
Consuelo

ishin ha detto...

Cara Luisa è una domanda che mi sono empre posta: possiamo con i nostri filtri occidentali dare giudizi su culture totalmente diverse dalle nostre o esistono principi universali che vanno oltre le differenze culturali?....sinceramente non ho ancora trovato la risposta ma sicuramente la modalità con cui queste donne vengono esibite al mondo mi lascia un pò prplessa senza contare gli incredibili danni fisici che una tale pratica provoca.....non so..

ishin ha detto...

Ah dimenticavo grazie per il suggerimento del libro, andrò subito a comprarlo, adoro lo studio delle culture :)

Luisa ha detto...

Ciao Ishin.
La mia risposta credo si sia capita. E' no, noi non possiamo. Non possiamo perchè vediamo tutto con gli occhi condizionati dalla nostra cultura e dal nostro modo di vivere. Ma non è affatto corretto pensare che il nostro sistema sia superiore agli altri, tanto da consentirci di dare giudizi. i danni fisici sono tali da millenni, accettati se non voluti, e comunque, a leggere il libro, si può dire che non sono mai imposti. Nè mai hanno limitato la libertà delle donne Birmane e Padaung in particolare, che invece, al contrario delle loro vicine indiane e musulmane, sono assolutamente libere nelle loro attività lavorative, culturali e persino sessuali.
L'esibizione di queste donne invece è un'altra cosa. Chi le ha msse lì è ben consapevole di ciò che fa e cerca solo di sfruttarle. Non che questo non rientri nei canoni di un modo di vivere e di pensare tipicamnte orientale, privo dei nostri scrupoli etici e morali di derivazione cattolica, ma poichè ne siamo coinvolti, possiamo anche decidere di non stare al gioco. Se mai andrai laggiù, comunque, sappi che non stare al gioco non è semplice e che i tuoi scrupoli saranno considerati ridicoli.

ishin ha detto...

Desidero tanto andare in quei luoghi....al dire il vero desidero tanto andare in tanti luoghi del pianta per vedere le facce...si le facce, quell'umanità straordinaria che c'è in ognuno di noi!

giardigno65 ha detto...

bellissime !

Alessandra Gasparini ha detto...

ciao Luisa, ho letto il tuo blog e mi ha colpito molto, avrei delle cose da chiederti in merito al tuo viaggio, se hai tempo di rispondermi, magari in privato. ti lascio la mia mail perchè direttamente alla tua non riesco a rispondere. gaspastyles@gmail.com
:)

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