06 luglio 2006

Dove vai quest'anno?


Sri Lanka, Colombo, aeroporto, agosto 2004

E’ più o meno il periodo in cui tutti chiedono agli altri dove andranno in vacanza. Io attendo il momento in cui la domanda mi viene posta dai miei genitori. Lo attendo, lo confesso, con un certo divertimento, prevedendo già che li getterò nella confusione. Lo scorso anno alla risposta “Cambogia e Laos”, mi suggerirono di cambiare itinerario per la Svezia. Mi venne da ridere. Perché proprio la Svezia? Cosa diamine c’è in Svezia da fare o da vedere? Sicuramente tante cose, ma del tutto differenti da quelle che si possono fare o vedere in Cambogia.
Quest’anno la scena si è ripetuta e la risposta è stata la stessa, ma il Paese era diverso: gli Stati Uniti, forse l’ultimo dei luoghi al mondo che mi interessa di vedere. Ho risposto d’istinto: negli Stati Uniti ci sono le stesse cose che ci sono qui, solo più grandi. Perché ci dovrei andare?
Ho riflettuto dopo sulla risposta che avevo dato e ho trovato che benché istintiva e immediata, aveva colpito un punto fondamentale per me. Qualunque paese occidentale, benché diverso dal mio, benché la gente non sia la stessa, i posti non siano uguali, nonostante tutto ripete degli schemi sociali a noi familiari. Il modo di pensare, il modo di vivere poco si discostano fra un Paese e l’altro. Questo rende tranquilli, cancella la paura del diverso, dell’ignoto. Si può viaggiare senza timore ritrovando nel paese di destinazione gli schemi familiari, facilmente riconoscibili, ai quali attenersi.
Lo stesso vale per chi viaggia “all inclusive”: è come vedere i posti attraverso il periscopio, restando al sicuro, dentro i pulman, i grand hotel, le guide che parlano la tua lingua.
Ben diversa è l’emozione di trovarsi in un posto dove tutto è diverso, i cartelli non si leggono, gli odori non sono familiari, i volti sono diversi da quelli che siamo abituati a vedere, dove il giorno di festa non è la domenica, e forse neppure il sabato, o forse non c’è proprio.
La prima volta che scesi dall’aereo in Asia, è stato a Colombo, in Sri Lanka. Mi sentii subito come se fossi una spugna, con i sensi dilatati che assorbivano tutto ciò che mi circondava. L’assalto degli autisti che si offrivano di portarci in un albergo, la gente che aspettava in una grande sala i parenti in arrivo, i mendicanti, i volti, i vestiti… Come ero felice che qualcuno mi avesse offerto l’occasione di far saltare gli schemi, di essere lì, di non aver avuto paura del “diverso”. Tornando a casa quel “diverso” me lo sono portata dentro, continuando il viaggio con la mente, ripensandolo e riordinandolo. Forse ho adesso la presunzione di aver salito un gradino che non tutti hanno il coraggio di salire e di possedere una ricchezza che non è alla portata di tutti: la consapevolezza che esiste altro al di là del mondo occidentale e che solo il rispetto del “diverso”e il desiderio di conoscere possono aprire gli occhi e, soprattutto, la mente.


Sri Lanka, Colombo, aeroporto, agosto 2004

2 commenti:

Anonimo ha detto...

....e soprattutto che le diversità sono i colori della vita e che conoscendo ed accettando "il diverso", conoscendo ed accettando nuovi modi di vivere, conoscendo ed accettando ciò che non é come ce lo aspettavamo, andando oltre il nostro "piccolo giardino", impariamo a conoscere noi stessi.
E comunque che bello sapere che non sono la sola a combattere ogni anno con la fatidica domanda: "Dove vai quest'anno? Sardegna no eh?". No no e no. Voglio buttarmi in strade diverse, voglio specchiarmi in grandi occhi neri, voglio camminare in strade che non sono le mie e che magari a volte mi spaventano pure, ma cammmina cammina arrivo sempre dove voglio arrivare...e ciò che trovo rimane per sempre in fondo al mio cuore.
Consuelo

Luisa ha detto...

Consuelo, mi ero persa questo tuo commento. (questo benedetto formato di blogger non avvisa dei nuovi commenti!). Adesso ti immagino appena tornata dal tuo nuovo viaggio, con impressi quegli occhi neri nella tua memoria e le nuove strade appena percorse.

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