28 ottobre 2005

La magia di Angkor Wat


Cambogia, Angkor Wat, agosto 2005

"Ci sono alcuni posti al mondo in cui uno si sente orgoglioso di esssere membro della razza umana. Uno di questi è certo Angkor. Dietro la sofisticata e intellettuale bellezza di angkor c'è qualcosa di profondamente semplice, di archetipo, di naturale che arriva al petto senza dover passare per la testa. In ogni pietra c'è un'intrinseca grandezza di cui uno finisce per portarsi dietro la misura.
Non occorre sapere che ogni particolare aveva per i costruttori un suo significato, che ogni pietra, ogni scrittura, ogni cortile, ogni pinnacolo erano tassellli dell'immenso mosaico che doveva raffigurare i vari mondi, compreso quello superiore, con al centro il mitico Monte Meru. Non occorre essere buddhisti o hindu per capire. Basta lasciarsi andare per sentire che ad Angkor, in qualche modo, ci si è già stati". Un indovino mi disse, Tiziano Terzani.

Noi arrivammo la sera, quando il sole cominciava già a scendere illuminando la facciata del tempio. Frotte di turisti uscivano ed entravano, seguendo l'itinerario previsto. I cappellini, gli zaini, i pantaloni corti, le t-shirt colorate stonavano paurosamente in quel luogo. Persino le risate, i suoni, il chiacchiericcio parevano ferirlo, violando quel senso di magia e di spiritualità, che pure si continuava a percepire. Sentimmo il bisogno di isolarci, per cercare di ritrovare il silenzio così da riuscire a sentire "senza dover passare per la testa", i profumi, le luci dorate, i colori dei drappi sule statue degli dei, le lievi linee dei rilievi.
Ci sedemmo sulle scale al di là del primo cerchio di mura, contemplando la strada lastricata verso il wat. Un serpente lunghissimo scolpito in pietra faceva da ringhiera. Piano piano i turisti uscivano, mentre si faceva sempre più buio. L'ultimo raggio rosa passò dietro le torri e i guardiani, ci invitarono a uscire. Eravamo rimasti solo noi.


Cambogia, Le torri di Angkor Wat, agosto 2005

I templi di Angkor sono circa una settantina e il complesso era la capitale dell'antico regno Khmer. Furono costruiti fra il nono e l'undicesimo secolo. Verso il 1400, la capitale venne abbandonata e gli stessi Khmer ne dimenticarono l'esistenza. I templi furono inghiottiti dalla giungla per essere riscoperti da Mouhot nel IXX secolo.

Nel 1972, i Khmer Rossi di Pol Pot occuparono l'intero complesso, ma non lo toccarono. Nonostante il loro folle intento di distruggere la memoria religiosa del popolo cambogiano, Angkor, per la sua imponenza, per la sua meravigliosa struttura architettonica e ingegneristica, era il simbolo, anche per loro, della grandezza del popolo Khmer e così lo risparmiarono.


Cambogia, Portici interni del tempio, agosto 2005

Il mattino dopo, passammo il blocco dei guardiani che controllavano la validità dei nostri biglietti, imboccammo il largo viale fiancheggiato da alberi giganteschi e popolato di scimmie, e costeggiammo il largo fossato che circonda il Wat, dove bambini e uomini facevano il bagno o raccolglievano fiori di loto. Le mura al di là del fossato erano imponenti e dietro si intravedevano le torri centrali. Per uno studiatissimo gioco di prospettive, sicuramente dovuto a significati sacri e simbolici, non è possibile vedere contemporaneamente le cinque torri da nessun punto di osservazione.
Il tempio consiste in una serie di gallerie e scalinate che portano fino alle torri. Su ogni muro, su ogni colonna, si inseguono demoni e diavoli, si combattono i re, ballano bellissime Apsara, Visnù e Shiva, convivono con Buddha. Re mitologici combattono a dorso di elefante contro eserciti di scimmie. Demoni e divinità indù lottano sull'oceano di latte per estrarre l'elisir dell'immortalità.



Cambogia, Angkor Wat, Buddha sdraiato, agosto 2005


Cambogia, Angkor wat, Buddha seduto, agosto 2005

Cominciammo a salire. Le gradinate avevano scalini stretti, neppure giusti per il piede di un bimbo, e talmente alti da trasformare la salita in una vera e propria scalata. Io ringrazio le mie scarpe da montagna: forse coi sandali sarebbe stata dura. Arrivammo al livello delle torri. Una galleria, che rappresenta l'Oceano, univa le torri più piccole (i continenti) e la torre centrale, la più alta, simbolo del mitico Monte Meru.
All'interno della torre centrale, quattro celle illuminate da candele arancioni, accolgono statue di Buddha, drappeggiate con stoffe arancioni e onorate da bacchette di incenso sempre fumanti.


Cambogia, Un guardiano, agosto 2005

Al di fuori di ogni cella c'era un custode-guardiano. Senza troppa insistenza ciascun custode offriva a ogni turista le bacchette di incenso per le offerte e le preghiere e invita a donare qualche soldo.


Cambogia, Fedeli ad Angkor Wat, agosto 2005

I fedeli ovunque offrono incenso e levano preghiere. Ogni staua di Buddha è sacra e rende sacro il luogo in cui si trova, anche quello che noi chiameremmo "un sito archeologico".


Cambogia, Statua di Vishnù, agosto 2005

Angkor wat fu costruito da re Suryavan II, probabilmetne come monumento funebre e da questi fu dedicato a Vishnù. Per questo e del tutto eccezionalemtne Angkor Wat è orientato verso occidente, il punto cardinale che simboleggia la morte.


Cambogia, Uomo seduto, agosto 2005

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