30 ottobre 2011

Allāhu Akbar

Fès, ottobre 2011, l'ora della di preghiera
E' difficile scattare foto nei paesi islamici. Se si aggiunge che in questa immagine  c'erano uomini che stavano pregando, posso dire di aver rischiato.  
La piazzetta era nascosta in mezzo ai vicoli della medina di Fès. Tranquilla, silenziosa, un'oasi di pace. Come un tutt'uno, gli uomini sono comparsi dai vicoli. Alcuni sono entrati nella moschea, altri si sono presi una stuoia per pregare all'aperto, nella direzione della mecca. E il muezzin dall'alto dei minareti intonava il suo richiamo
Allāhu Akbar 
Allāhu Akbar
Allāhu Akbar
Allāhu Akbar
Ašhadu an lā ilāh illā Allāh...

18 ottobre 2011

Dopo lunga lunghissima pausa

Merzouga, Marocco: le alte dune dell'Erg Chebbi (agosto 2011)

Le cose da fare sono sempre tante e postare su un blog, lo ammetto, non rientra tra le mie priorità. E così è passato quasi un anno e neppure me ne sono accorta. Difficile ricominciare adesso a scrivere qualcosa. Da dove riprendo? Di cosa parlo? Riparto così, come se niente fosse? Se così dev'essere, allora, ripartirò con il racconto di una delle più emozionanti esperienze che abbia fatto. Il deserto. E' vero che per me è sempre stato un sogno. Ero piccina e desideravo vedere il Sahara. Sì perchè per me il deserto è sempre stato quello. E poi ho scoperto che non è neppure così difficile provare un assaggio del deserto. Almeno, la sola parte bella, senza le difficoltà di un viaggio che lo attraversi. 
Merzouga e l'Erg Chebbi sono stati la nostra destinazione. Le dune del Chebbi (Erg vuol dire "duna") si trovano in Marocco, al confine con l'Algeria. Sono alte circa 150m e ci si arriva in un'ora e mezza, forse due, di dromedario. Appena ci lasciamo dietro le spalle i segni di una seppur minima civiltà, il deserto ci avvolge completamente. Il silenzio assoluto ci consente di sentire il frusciare della sabbia fra le zampe dei dromedari. Il beduino vestito di blu cammina sulle dune alla testa della carovana, come fosse la cosa più facile del mondo, ma di sicuro non lo è. Basta provare, e lo abbiamo fatto poco dopo, a salire un piccolo dislivello per rendersi conto che si scivola più di quanto si riesce a salire. O meglio, noi persone normali, scivoliamo giù. Loro no. Loro sanno come si fa... Arriviamo all'accampamento ai piedi del grande Erg Chebbi. Ci siamo solo noi e due giapponesi. Ma i giapponesi, si sa, fanno i giapponesi. E' come se non ci fossero. Loro fanno disegni con le luci per le fotografie ricordo, guardano un po' disgustati la tajine, e vanno a letto presto, dentro la tenda. Noi, invece, siamo italiani, e facciamo gli italiani. Beviamo il tè alla menta bollente, ci gustaimo la zuppa di Harira, divoriamo la tajine e poi di sicuro non andiamo a dormire. Ci aspetta la notte, piena di luna e le stelle cadenti. Saliamo con il nostro Mohammed in cima ad una duna (che fatica!) e lì restiamo incantati nel buio per ore aspettando che la vista si abitui e ci consenta di vedere le dune che ci circondano. Non riusciamo a dormire nella tenda. La magia ormai ci ha preso completamente e chiudersi al coperto ormai sarebbe un sacrilegio. Restiamo fuori, tutta la notte sotto il cielo più grande del mondo. E prima che il sole sorga, silenziosamente, saliamo sulla duna davanti all'accampamento ad aspettare i primi raggi del nuovo giorno. Sempre gli stessi da millenni, sempre diversi. L'eternità è lì.

Merzouga, Marocco: l'alba all'Erg Chebbi (agosto 2011)




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