20 novembre 2010

Diecimila anni in pochi chilometri

Tanzania, Lake Eyasi, agosto 2010 
Vicino ai grandi parchi della Tanzania, fra il Serengheti e il Ngorongoro, e precisamente nella gola di Olduvai, fu ritrovato lo scheletro del più antico ominide del mondo. Era una donna e fu chiamata Lucy. A pochi chilometri da quel sito, vive una tribù, che è ritenuta la più diretta discendente di quegli ominidi. Si tratta della tribù degli Hadzabe. 
Gli Hadzabe sono boscimani che vivono nei dintorni del lago Eyasi, mantenendo lo stesso stile di vita dei loro primitivi antenati. Sono cacciatori e raccoglitori. Non allevano nessun animale e non coltivano la terra. Vivono solo lungo le sponde del lago, spostandosi da una parte all'altra ogni volta che la zona risulta troppo povera per le loro esigenze.
Tanzania, Lake Eyasi, agosto 2010
Cacciano con arco e freccie, ornate di piume. Hannno vari tipi di punte per le loro armi. La freccia più semplice è una canna appuntita: serve per insegnare ai ragazzi a tirare con l'arco e per la piccola cacciagione. Poi hanno punte sempre più grandi, fino a quella per gli animali di grosse dimensioni, che, oltre a essere grande, è anche avvelenata con il succo di una pianta. 
Tanzania, Lake Eyasi, agosto 2010


La loro alimentazione è costituita da ogni tipo di animale cacciabile, tranne serpenti e iene. Nel loro credo, serpenti e iene sono animali impuri, in quanto mangiano i cadaveri. Per questo motivo evitano di cacciarli e di mangiarli. 
Le donne, invece, provvedono all'alimentazione raccogliendo bacche e radici dalla terra. Purtroppo la zona non è assolutamente ricca di vegetazione. Nel mese di agosto, durante la stagione secca, le piante sono rade e spinose. 
Tanzania, Lake Eyasi, agosto 2010


Un grosso problema è procurarsi l'acqua. Il lago Eyasi è un lago salato e durante la stagione secca si prosciuga quasi del tutto. L'acqua, quindi,  viene raccolta principalmente durante le piogge o ricavata dalle piante. Spesso l'acqua che bevono non è pulita e questo espone i più deboli al rischio di contrarre molte gravi malattie. Durante la nostra visita, in effetti, il regalo più gradito che abbiamo potuto portare loro sono state delle bottiglie di acqua minerale, che i bambini hanno subito bevuto con avidità.
Anche la loro lingua è unica: il loro linguaggio, forse il più antico al mondo, è fatto di schiocchi, di fischi e di click. 
Durante la notte gli Hadzabe dormono su una pelle fra i cespugli, accanto ad un fuoco che accendono facendo ruotare fra le mani un bastoncino, esattamente come 10.000 anni fa. 
Tanzania, Lake Eyasi, agosto 2010
Tanzania, Lake Eyasi, agosto 2010


Se è necessario ripararsi, utilizzano delle grotte, probabilmente le stesse che sono state usate fin dalla preistoria. 
Il numero degli Hadzabe purtroppo è in costante diminuzione e oggi la loro popolazione è di circa 1500 persone. La terra a loro destinata intorno al lago è sempre di meno e loro sono affetti da malattie gravi, dovute soprattutto alla loro nutrizione: all'acqua non pulita e alla carne cruda. 
Incontrarli ha rappresentato per me  un momento unico, un'occasione incredibile di conoscere un popolo, forse l'ultimo della terra, che vive ora come si viveva 10.000 anni fa.  



Tanzania, Lake Eyasi, agosto 2010




25 settembre 2010

Sognando l'Africa

Tanzania, Serengheti National Park, agosto 2010

E'la prima volta che sogno l'Africa da quando sono tornata.
Quello che mi feriva nel sogno era il tempo limitato: 10 giorni solo 10 giorni. E quei 10 giorni erano volati via. Come in un sogno, appunto, visto che di un sogno si trattava. Solo dieci giorni per respirare la polvere della savana, vedere i giganti della terra abbattere i tronchi, odorare il vento del deserto, farmi pungere dal freddo degli altopiani, conoscere vite diverse. Poi, l'Africa sfumava in città dense di polvere nera, di vite affannate fra muri di cemento, sfumava dietro finestre altissime, dietro le macchine, dentro spazi ristretti del tutto innaturali.
E nel mio sogno non potevo credere che quella era la mia normalità. Mi mancava lo spazio, l'enorme, immenso spazio e il vento che non si ferma mai e i silenzi.
Era un sogno. Solo un sogno.
Però è così che mi sono sentita lasciando il Serengheti per tornare alla "civiltà". Avrei voluto continuare ancora, dormire ancora sotto la mia pccola tenda piantata in mezzo al nulla della savana, guardare le stelle brillare nel buio assoluto sopra la mia testa, e poter pensare che domani, domani, sarei stata ancora lì.

07 agosto 2010

E' tempo di partire

Ho chiuso lo zaino. L'ho provato sulle spalle e non è troppo pesante. Ma sì, ce la faccio bene. Invece la borsa fotografica pesa troppo e si chiude male. Che faccio? Così non va proprio. Il flash non entra, e pure il portadocumenti è troppo lungo. Devo togliere. L'arte di selezionare solo il necessario, togliendo anche l'utile... Non l'ho mai imparata abbastanza bene.
Il mio ipod... a casa. Il mio libro elettronico... (uff!) a casa.
Stanotte è il momento e sento già l'adrenalina, l'eccitazione, la curiosità, la bramosia. Di che saprà l'aria? Come sarà il vento? Che rumori ci saranno la notte? E le stelle? Quanto brilleranno le stelle? Che occhi avranno le persone? Che sorriso i bimbi, che colori le donne?
Via! E' tempo!

08 giugno 2010

L'ultimo saluto


Indonesia, Sulawesi, Tana Toraja, Agosto 2009

La morte per i Toraja non è un evento istantaneo. Solo la sepoltura allontana definitivamente lo spirito del defunto dalla casa e dal villaggio. L'ultimo giorno del funerale, il quarto, dopo che il defunto è stato festeggiato davanti agli ospiti e onorato con l'uccisione dei bufali, il corpo viene finalmente sepolto. A questa cerimonia non molti riescono a partecipare. Noi abbiamo avuto questa fortuna e, doppiamente fortunati, siamo anche riusciti a partecipare ad una sepoltura incredibilmente spettacolare.
Tutto è cominciato con una messa. Sì, proprio una messa, con sacerdote e croce sulla bara, perchè in effetti la maggior pare dei Toraja è Cristiana protestante. I riti animistici si sono perfettamente sovrapposti alla nuova religione e così le due fedi "convivono" in un mix incredibile. I parenti più stretti, i membri del villaggio si radunano intorno alla bara, coperta di stoffa rossa e petali di fiori. Il sacerdote officia la messa e poi chi vuole parla ai presenti (immagino che racconti qualcosa che abbia a che fare con il defunto, come sarebbe da noi). Ma quando tutto sembra essere finito, ecco che invece, tutto ha inizio...
La bara viene issata su una portantina, pesante forse qualche quintale, fatta di legno e con la foggia di una casa. Sopra viene issato il tetto colorato, uguale a quelli lunghi e colorati delle case. Poi gli uomini e i ragazzi, tutti vestiti di nero, afferrano i pali e cominciano il trasporto.



Nel nostro caso, il luogo della sepoltura era lontano alcuni chilometri e per percorrerli abbiamo impiegato ore. Tutto intorno a noi il corteo cantava e ballava. Gli uomini bevevano vino di riso (una vera schifezza dal sapore di aceto) e nel frattempo facevano ballare e oscillare ovunque la portantina. Con vero e proprio impeto la facevano girare, urlando e ridendo. Ci sembrava di essere capitati in mezzo a un rituale folle, ma in realtà quegli uomini dovevano far allontanare lo spirito da casa, fargli perdere l'orientamento, in modo che non potesse più tornare indietro. Quello doveva essere il vero, ultimo addio: lo spirito ormai purificato dalla cerimonia funebre, doveva andarsene per sempre. Infatti i figli del defunto piangevano quasi silenziosi, nonostante gli anni fossero passati da quella che per noi sarebbe stata la morte del loro familiare.
Durante una lunga salita, i ragazzi si rinfrescavano lanciandosi addosso bottiglie d'acqua aperte che li bagnavano completamente. Il corteo poi si fermò in uno spiazzo all'ombra e al verde. Le donne più anziane tirarono fuori dai loro copricapi le attrezzature per preparare una mistura di foglie da masticare: pestavano certe foglie verdi, tenute in una borsetta apposita, dentro ad un piccolo mortaio allungato e poi si mettevano i vegetali fra la gengiva e il labbro inferiore, succhiandoli con piacere.
Cibo e bevande erano offerti a tutti i presenti e anche le immancabili sigarette.
Poi il corteo riprese per compiere il suo ultimo sforzo. L'ultima salita era così ripida che noi, senza alcun peso da trasportare, riuscimmo a percorrerla con fatica. Arrivammo ad una ripida e altissima parete di roccia. C'erano delle aperture nella parete. Dalla più bassa si affacciavano dei ragazzi con in mano un teschio. Erano le sepolture familiari. La più bassa era stata aperta per facilitare la salita del feretro fino alla buca più in alto. Saranno stati almeno 25 metri.



Una lunghissima pertica di bambù fu appoggiata al muro di roccia e un uomo seminudo salì fino in cima. Poi un altro si fermò a metà e il feretro cominciò ad essere tirato in alto. Si aiutavano con delle corde, ma lo sforzo degli uomini era incredibile. Senza alcun appiglio se non i propri piedi avvinghiati al bambù, l'uomo afferrò il feretro e lo issò. Dall'alto, l'altro uomo lo tirava a sè fino a che, con un ultima smorfia di fatica la lunga bara rossa entrò nella fenditoia.
Adesso era finita. Finita davvero e per sempre.

15 maggio 2010

La cerimonia dell'addio

Povero il mio blog abbandonato! Il tempo scarseggia e non riesco mai a scrivere quello che vorrei raccontare.
Proviamo a tornare ai Toraja perchè in effetti non ho ancora detto nulla delle incredibili cerimonie funebri.
Lasciato Lemo ci dirigiamo in macchina verso il luogo in cui si tiene la cerimonia funebre che Luter, la nostra guida, ci ha promesso di farci vedere. Si tratta di una grande cerimonia, la cerimonia di una famiglia ricca, quindi ci aspetta qualcosa di grandioso. Durante la strada, Luter ci spiega come dobbiamo comportarci. Alla famiglia del defunto bisogna portare un regalo. Ci ha pensato lui, comprando per noi un pacchetto di sigarette. Quando arriviamo dobbiamo offrirlo al capo famiglia e poi entrare in una capanna che ci sarà indicata. Non potremo uscire di lì, fino a che un membro della famiglia non ci darà il benvenuto. A quel punto potremo andare dove vorremo e scattare tutte le foto.
La macchina si inerpica faticosamente su per il pendio di un monte. Lascaita la strada asfaltata imbocca un sentiero in mezzo alle risaie e poi alla foresta. Intorno a noi ci sono piante di cacao e di caffè. la strada diventa sempre più difficile. Sembra non esserci nessuno: solo foresta e poche case sparse qua e là. Luter sembra sicuro di dove stiamo andando, ma noi un pò meno: non sembra di arrivare da nessuna parte. Ad un certo punto una macchina rotta ci blocca il passaggio. E' una macchina che non riusciva a salire... e noi dobbiamo provare ad andare avanti a piedi. Mi sento un pelo disperata: siamo davvero nel nulla! Ma poi la strada si libera e il nostro possente mezzo ci raggiunge.
Ci porta ancora avanti per un bel pò e poi ci ferma ala fine di un sentiero nel bosco. Pochi metri più in là si apre una radura circolare, circondata da palafitte. Al centro c'è una torre a tre piani, ornata con drappi rossi. In cima alla torre c'è la bara della defunta, si tratta di una donna morta circa 13 anni prima. La bara è fascaita da un drappo rosso. Sotto ci sono alcune donne anziane e delle bambine. Alla base della torre ci sono i familiari. Sono vestiti con i loro costumi tradizionali. Gli umini sono vestiti in nero, le donne portano i tradizionali ornamenti di perline colorate, soprattutto arancioni, tipiche di questi luoghi.


Fino a questo momento, lo spirito della defunta è rimasto cn la famiglia come se lei non fosse ancora morta. Per questo i parenti le hanno portato cibo e vestiti. Con il rito funebre lo spirito sarà liberato e la donna sarà veramente morta. E' ora che i figli piangano e compiano il rito che purificherà lo spirito e gli consentirà di iniziare una nuova vita.
Come Luter ci aveva detto, appena arriviamo un familiare ci viene incontro. Noi gli offriamo le sigarette e lui ci fa accomodare sotto una delle palafitte. Aspettiamo e intanto facciamo amicizia con dei bimbi che restavano lì a giocare. Finalmente il parente della defunta torna e ci offre tè e dolci. E' il segno che siamo stati accolti e che dopo aver mangiato e bevuto, saremo liberi di muoverci intorno.
Queste cerimonie durano 3-4 giorni e vi partecipano molte persone venute dai villaggi vicini e tutti i parenti e i parenti dei parenti del defunto. Quando arrivano nella radura, si svolgono delle processioni intorno alla torre, in cui tutti gli uomini, vestiti di nero, portano i doni alla famiglia, spesso maiali, ancora vivi e urlanti, legati per le gambe a pali di bambù.


Al di fuori del cerchio di palafitte, i maiali saranno sgozzati, eviscerati e cucinati in lunghi pezi di bambù insieme al riso. Questo costituirà il pranzo per tutti gli invitati. La carne rimasta, invece, sarà distribuita fra i villaggi di tutti i partecipanti.
Questo a cui partecipiamo è il secondo giorno della cerimonia. Nel primo, la salma viene trasportata dalla casa fino alla torre. Si tratta di un momento intimo a cui non partecipa altro che la famiglia.
Nel secondo giorno, la famiglia riceve gli aspiti. Il terzo giorno vengono sgozzati i bufali che sono stati offerti alla famiglia o comprati dalla famiglia stessa per l'occasione. Secondo Luter, per questa cerimonia sarebbero stati sgozzati circa 60 bufali. Non tutti lì, però. Alcuni sarebbero stati inviati direttamente ai villaggi dei parenti e lì sarebbero stati uccisi. La carne sarebbe stata seccata e sarebbe stata distribuita al villaggio. Il quarto giorno, la bara sarebbe stata chiusa nella tomba, come quelle viste a Lemo.
Ad un certo punto, molti dei maiali vengono portati al centro dello spiazzo.


Tutto intorno gli uomini formano un cerchio molto largo e si mettono a cantare. Si tengono per mano e al ritmo delle loro voci si muovono in sincrono. Sono i ballerini chiamati per la celebrazione. Dall'interno del cerchio alcuni ragazzi distribuiscono sigarette.



Intanto le lunghe canne di bambù si arrostiscono sul fuoco e via via le donne li prendono, li rompono e ne estraggono la carne di maiale e il riso. All'ombra delle capanne, il cibo viene distribuito a tutti gli ospiti. Noi ne facciamo a meno: la carne di maiale semicotta non mi pare molto appetitosa...
A questo punto ci allontaniamo. All'indomani avremo ancora una grande esperienza: potremo partecipare alla tumulazione della salma in cima ad una roccia altissima.

28 febbraio 2010

Toraja


Indonesia, Sulawesi, i tau tau di Lemo, agosto 2009

Tana Toraja è una regione dell'Isola di Sulawesi. Il classico tour dell'Indonesia non la contempla. Di solito si visita Java, Bali, Lombok e poco più. Ma Sulawesi è un'isola molto particolare e vale tutta la difficoltà di raggiungerla e di girarla. Dopo un brevissimo soggiorno a Makassar (oggi Ujung Padang) siamo partiti in pulman per Rantepao. Al nostro arrivo c'era un uomo ad aspettarci. Si presentò come Luter ed era una guida. Ora, a dire il vero, noi non siamo abituati a farci portare dalle guide, ma qui, trovare Luter è stato un vero colpo di fortuna: senza di lui non avremmo potuto fare neppure la metà di quello che abbiamo fatto. E così ci diamo appuntamento alla mattina dopo per iniziare il nostro giro della regione.
La prima meta è Lemo. Una parete liscia e verticale si alza in mezzo ad un campo di patate. Su quella roccia, molto in alto, si aprono delle piccole buche, chiuse da porte di legno. Si tratta delle tombe dei Toraja. Accanto sono stati costruiti dei "balconi" ai quali si affacciano delle statue di legno, i Tau Tau. I Toraja erano animisti (adesso sono cristiani protestanti) e redevano che dopo la vita, ce ne sarebbe stata un'altra, nella quale il defunto avrebbe avuto gli stessi bisogni che aveva avuto in vita: cibo, bevande, vestiti, sigarette. Per questo i parenti, dopo aver seppellito il defunto, ne fanno una raffigurazione in legno, il Tau Tau, che si affaccia accanto alla tomba. Al Tau Tau vengono offerti cibo, acqua, le tanto amate sigarette, vengono cambiati i vestiti quando si stracciano per le intemperie. E il tau Tau con una mano tesa, benedice i parenti, mentre con l'altra messa in posa di richiesta, accoglie le loro offerte.


Indonesia, Sulawesi, i tau tau di Lemo, agosto 2009

Le tombe sono scolpite nella roccia ed accolgono tutta la famiglia. Occorre molto denaro per ricavarle dalla pietra, scavata a mano, e molto tempo. Più la famiglia è ricca e di alta casta, più la tomba è posta in alto. Questa è anche una garanzie contro i ladri, per la difficoltà di raggiungere le sepolture.
Il defunto viene accompagnato nella sepoltura da una grande festa. E' solo con questa festa che lo spirito del morto lascerà il corpo e la famiglia. La cerimonia è quindi molto importante, ma altrettanto costosa. Per questo motivo la mrte di un familiare richiede alla famiglia uno sforzo econimico enorme. E' per questo che, fino a che la famiglia non avrà messo da parte il denaro necessario, il corpo del defunto rimarrà nella casa. Il corpo stesso verrà trattato con olii e sostanze naturali, ma ormai più che altro con la formaldeide, fino a mummificarlo e così aspetterà il momento della sepoltura, attraversando un tempo in cui non sarà considerato ancora morto, perchè lo spirito sarà ancora in casa. Potranno passare anni, alle volte decine, prima che la famiglia abbia denaro sufficiente per la sepoltura. Ed è proprio grazie alla nostra guida che ci è stato possibile vedere due cerimonie. La prima, una grande cerimonia al secondo giorno in cui i familiari ricevono ospiti e parenti di tutti i villaggi e poi un'altra grande cerimonia al momento della sepoltura vera e propria. Soprattutto questa fase è stata veramente impressionante. Persino Luter non ne vedeva così da tempo. Ma per queste cose, e molte altre... al prossimo post!


Indonesia, Sulawesi, i tau tau di Lemo, agosto 2009

LinkWithin

Related Posts with Thumbnails